Eravamo sul panfilo del ricchissimo imprenditore Rukucutata, una nave immensa, alta almeno venti metri, quando sentimmo l’assordante urlo della signora Swanghertaigher perché aveva visto lo spettro di una bambina morta nella stiva della nave.
Il giorno dopo la bambina uccise il capitano Xiiiicucu impossessandosi del suo povero corpo lacerato dalle violente coltellate, la sua testa era per metà attaccata al collo e per metà penzolante.
Subito dopo si sentì un gran frastuono, come se ci stessero bombardando, un secondo dopo la nave stava affondano. Alcuni passeggeri si buttarono dal ponte più alto nel tentativo di salvarsi, ma le loro teste si staccarono dal corpo per la velocità e il mare le inghiottì come se fossero caramelle sciroppate al sangue.
Così eravamo rimasti soli con il demone, allora ci nascondemmo nella stiva dove passammo la notte pensando a quando fosse giunta la nostra ora, i nostri unici amici erano il coraggio, la sete di vendetta e le tarantole che vivevano laggiù.
Giunse la mattina e ci accorgemmo di essere malati di tifo perché il nostro menù comprendeva tarantole crude ed escrementi di topo ammuffiti.
Io persi persino un dente, ma questo fu un bene perché arrivò la fatina dei denti che ci regalò uno spara-denti a propulsione atomica con silenziatore incorporato.
Ci caricammo di forza e decidemmo di affrontare il demone faccia a faccia; quando uscimmo dallo scantinato ce lo trovammo di fronte e allora prememmo il grilletto dell’arma, ma era scarica, allora potevamo fare una sola cosa: staccarci i denti, così decidemmo di farlo e sparammo, senza pensarci, in modo che questo incubo finisse. Il demone era morto, ma non ci eravamo accorti che alle nostre spalle...
Alberto e Riccardo
Il giorno dopo la bambina uccise il capitano Xiiiicucu impossessandosi del suo povero corpo lacerato dalle violente coltellate, la sua testa era per metà attaccata al collo e per metà penzolante.
Subito dopo si sentì un gran frastuono, come se ci stessero bombardando, un secondo dopo la nave stava affondano. Alcuni passeggeri si buttarono dal ponte più alto nel tentativo di salvarsi, ma le loro teste si staccarono dal corpo per la velocità e il mare le inghiottì come se fossero caramelle sciroppate al sangue.
Così eravamo rimasti soli con il demone, allora ci nascondemmo nella stiva dove passammo la notte pensando a quando fosse giunta la nostra ora, i nostri unici amici erano il coraggio, la sete di vendetta e le tarantole che vivevano laggiù.
Giunse la mattina e ci accorgemmo di essere malati di tifo perché il nostro menù comprendeva tarantole crude ed escrementi di topo ammuffiti.
Io persi persino un dente, ma questo fu un bene perché arrivò la fatina dei denti che ci regalò uno spara-denti a propulsione atomica con silenziatore incorporato.
Ci caricammo di forza e decidemmo di affrontare il demone faccia a faccia; quando uscimmo dallo scantinato ce lo trovammo di fronte e allora prememmo il grilletto dell’arma, ma era scarica, allora potevamo fare una sola cosa: staccarci i denti, così decidemmo di farlo e sparammo, senza pensarci, in modo che questo incubo finisse. Il demone era morto, ma non ci eravamo accorti che alle nostre spalle...
Alberto e Riccardo